NOVEMBRE
...e invidiavo la loro gioia banale. Vi sono giorni, infatti, in cui si è così tristi da desiderare di esserlo ancora di più,
...non ero per ogni cosa, nè abbastanza puro nè abbastanza forte.
Ero dunque quello che siete tutti, un certo uomo che vive, che dorme, che mangia, che beve, che piange, che ride, chiuso in se stesso, che ritrova in sè, in ogni luogo egli vada, le stesse rovine di speranze subito distrutte al loro sorgere, la stessa polvere delle cose spezzate, gli stessi sentieri percorsi mille volte, le stesse profondità inesplorate, spaventose e uggiose.
...ero ebbro, ero pazzo, immaginavo di essere grande, immagivano di possedere in me un'incarnazione suprema la cui rivelazione avrebbe meravigliato il mondo, e il cui strazio era la vita stessa del dio che portavo nelle viscere.
Gustave Flaubert (Rouen 1821 - Croisset 1880)
1 Comments:
GOMEZ SAYS:
L'opera è una sorta di confessione autobiografica dell'autore, all'epoca ventenne. Egli vi narra le sue pulsioni nei confronti del sesso femminile e delle sofferenze ad esse dovute, fino all'incontro con Marie (trasposizione letteraria di Eulalie Foucaud, donna realmente conosciuta da Flaubert),[1] una prostituta attraverso la quale fa le sue prime esperienze sessuali e che, nell'ultima parte scritta in prima persona, gli racconta la sua vita. In seguito i due si lasciano, per non rivedersi mai più. Flaubert, nella conclusione del romanzo, ricorre al cliché del ritrovamento del manoscritto (come ha fatto, ad esempio, Alessandro Manzoni ne I Promessi Sposi).
(from wikisource)
08 November, 2009 07:32
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